La poesia come
dono (si veda il primo componimento di El canto
del tilio) : il poeta è pronto a « regalarla »,
a farla portare dal vento « sol verde e sol brusà ».
Ma non si sa se per pudore, per bisogno, per scelta
poetica soltanto in pochi testi Luigi Bressan porge
questo dono con semplicità, in modo che sia facilmente
riconoscibile come tale. Nella maggior parte dei casi
esso si presenta coperto da una maschera, essa stessa
spezzettata. I pezzi sono frammisti ad altri elementi,
sono ricoperti spesso da patine diverse; alcuni sono
introvabili, rendendo problematica la ricostruzione;
alcuni brillano di luce propria (le bellissime immagini
poetiche), emergonocome frammenti staccati materiale
prezioso per se stesso : non hanno bisogno di essere
inseriti in un disegno preordinato per prendere senso.
Eppure, malgrado
la frammentarietà, la dispersione, la complessità,
il lettore appassionato coglie per intero se non
nei singoli testi, certamente nellinsieme dellopera
i moti dellanimo che hannocostretto lespressione
poetica a manifestarsi. Si è detto malgrado, ma forse
è più corretto dire a causa della frammentarietà, della
dispersione, della complessità : perché queste qualità
dei testi richiamano quelle della vita, problematica,
incerta, in cui la facilità dei contatti fa sentire
ancora di più la inevitabile, ineliminabile solitudine
di ogni essere umano, in cui si vivono esperienze in
stati dicoscienza attenuati, in cui ciascuno si porta
dietro lombra del passato, e proietta unombra sul
futuro (non solo il proprio).
Per cogliere il
dono di Luigi Bressan (« Gigi ») bisogna andare al
di là degli artifici retorici anche della durezza
della lingua, nella sua enfatica mimesi del parlato.
(E del resto, se è vero che il poeta sta passando i
più personali moti dellanimo, come stupirsi che lo
faccia nella lingua damore la lingua della nonna
dela propria infanzia?). Un dialetto che diviene
lingua « squisita » (proprio nel senso che la comprensione
dei lessemi e dei sentimenti non è più elemento essenziale);
lingua che a seconda di cio che lespressione poetica
traduce sincarna in voci diverse. Rimane costante,
invece, lattenzione a cio che avviene allinterno
di sé, motivato originato spesso dallosservazione
dela natura, dai rapporti con laltro, da riflessioni
filosofiche. Un ritorno su di sé (mai un ripiegamento!)
nella trasscrizione dei momenti che costituiscono ogni
vita : quelli sereni (pochi), e quelli che sollevano
echi di malessere, nella ripetizione degli interrogativi
esistenziali.
Mai ripiegamento
su se stesso, si è detto; mai pessimismo (che puo
arrivare alla disperazione), ma lucidità : sguardo
di chi, conscio dellimperio del tempo, si raccoglie
davanti allo scorrere della vita, testimone appunto
della sua problematicità.
Grande è la capacità
di Bressan di tradurre in immagini cio che osserva
nella natura : i fenomeni atmosferici, le ore del giorno,
le stagioni. Della pioggia uggiosa dice « basso
pai muri de laria/ cola on acua malà » ; è qualcosa
di cui ci si vorrebbe liberare, come fanno i treni
che si fermano nelle stazioni « a sgrondarse de
piova e de zente » . Se è pioggia di burrasca,
invece, laria è « licuida/ che ghe noa le strisse/
de vento » , in un cielo dove le nuvole sono «
imbrojà dal vento/ che ghe fa da pastore » .
In primavera, pero esse diventano « ténare parole
de vento » , che soffia sui prati e « no speta,
lerba, i passi/ pa colgarse come soto neve »
.
Nelle notti destate
le lucciole fanno pensare « ch e stele/ site site
sabia calà so l prà/
/ a fare foghiti de ocj
» , e quando lalba si annuncia è « Cussi matina
che pare/ la olta che tuti tase/ al mondo » .
In autunno « Le
àlbore ga verto man e brazhi al cadire dee foje
» ; più avanti il freddo affonderà « e ongje de
a brosima/ te a carne i frutari » . Ci si sveglierà
in una « Matina de vero/ supià te na note »
, quando «
e rame
/ pare ch e se leca/ el sole
dosso » .
Numerose le immagini
che riguardano la condizione umana, nelloscorrere incessante
del tempo. Il poeta, «
piantà/ come na viola i
mezho i sassi/ da na man dura de pressa » sente
il « zhercio1 del tenpo
/ tuto torno l me corpo
» , quel tempo che « chieto
elo solo, morsega ogni
carne » . Sente la propria vita come « ose
beù da a sen del tenpo » , mentre dice : « So
rivà in zhima l tenpo che ze sera/
/ e laria vuoda
se fa fià de scuro » .
Soltanto nella
prima raccolta è dato trovare componimenti in cui aspetti
dela natura flora e fauna sono colti e trascritti
in modo tale da lasciare una sensazione di serenità;
in questa e in altre, tuttavia, sono presenti testi
in cui si rileva un ottimismo di fondo, la capacità
di leggere i segni della speranza.
In El canto
del tilio il poeta dice, per esempio, « Ressussita
la note/ tel canto di usignoi/ che a jera morta/drento
el me cuore » ; « On sospeto de sole mena/ do
che se ga da ndare » ; « El primo paejo ze
re de laria » , e non si teme più che la bella
stagione sia in ritardo. È « come dopo na piova/
che anche da a parte pi scura/ se ede ogni cresta
» ; è « unombra di luna » di cui dice : « nantra
conossenzha/ no so che me consola/ de vita o de speranzha
» . Rifugge dal ripiegarsi su se stesso; « me faro
vanti istesso/ al balo de a zente » , dice, anche
se « Scolto e no capisso » « Torno de mi
lo so -/ se puoe fare oncora cjaro » .
Non è solo la
natura a incoraggiare, consolare, pero; cè anche
la propria poesia («
du grani/ restà i scarsela,
mii/
/ A ghi daro passando/ a uno ca no conosso/
/
contarghe un fià de amore , il convincimento di
avere qualcosa da dire ( na lengua nova tase/
soto l gjazho dee gorne/ soto e scuro del gjazho
l so durare./ E che no a tasa par sempre » .
Non è solo la natura, ma il suo potere rasserenante
per il poeta è grande, come si puo capire leggendo
« Che zenàro zeo », che vale la pena di citare
per intero :
Che zenàro
zeo, che l pizhega
si ma l carezha,
tanto che e
rame se vezha
tirare fuora
e lenguete
e pare che
e se leca
el sole dosso?
Che aria zea,
che a zhanpéta
pa e strade
scoà
pi larghe de
a larghezha?
Do ca no vuojo
ndare
brigando la
mindrezha
la me ciapa
la me assa
senzha na
cana torno
ca me taca
e tira l fià.
Che fare zeo
partirse
da casa onora
mata
e pèrdarse
sui passi
come se fusse
festa
de ani e de
stajon?
La maggior parte dei componimenti pero, come si è detto, è frutto della lucida riflessione del poeta sulla condizione umana, e sugli echi che il vivere suscita in lui. Egli vede gli esseri umani come « facje stranie/ tajà dal vento/ omani vistii de carbon/ so a strada nuda/ so a canpagna nuda » ; vede il mondo e i suoi abitanti come
Case romai
de vento
paese de case
che no fazha
pi nessun,
strade de ndare
senzha strada,
passajo
de gnanche
matina co dosso
tuto l fredo
del viajo
tra l sono
drento de a zente
e l pèrdarse
di camini
In questo
mondo «
tuti semo foresti/ na olta o tante
, ndemo/
/ tuti a na maniera/ come se a fusse
na gjostra/ che va torno fin sera » ; « Se
camina co n ocjo/ so a laguna de a contrà/ bandonà
dal vento/ se camina a la orba » , consci che «
el tenpo
/ morsega ogni carne » , come si
legge in El canto del tilio.
Da una raccolta
allaltra ritornano queste immagini di una umanità
sperduta, incerta, che procede a fatica, sperimentando
come sia difficile comunicare. (« Ghe da egnère
anche stasera/
/ larsura de e parole » ; « Fico
in crose parole/ oni una pesa/ le me fa pecà./ Minporta?
» . Una umanità che sembra vivere (come si è detto)
in uno stato di coscienza attenuato
(Da la fumara
l sono
senzha dismissiarse
ndemo inanzhi
discorendo
co boche de
pesse
ndemo sol
no ndar
di passi persi.
semo rivà èssare
on fià de noantri
stissi) ;
gente che gira a vuoto, la cui esistenza non lascia traccia (« stizhi a scrivare/ on ponto e note, sassi/ tundi fa l cjelo, persi/ tel so scuro e statuete e gjesso/ co l muso scancjelà ») . Gente cui il poeta si identifica quando dice, nella stessa raccolta :
Noantri, nati
te a fumara,
i di cjari
s edémo a facja nuda,
tegnémo na
man davanti a boca
vardarse i
passi oncora inbriaghi.
Se fermémo
scoltare drento a testa
sugarse anche
I pinsieri.
E stemo li,
butilie vuode al sole.
Anche in un altro testo si trova questa identificazione,
Ecu, va a
malo laria :
el di no ga
pi belezhe
l è altro
che durare.
Se va vanti
cavarse
pelo e pene
anche
se l gnaro
no sha a fare.
Cussi oni uno
se sconde
ose beù da
a sen del tenpo.
Anche sta
mia
Rendendo esplicita
la presa di coscienza da parte del poeta di appartenere
a una commune umanità; i componimenti in cui egli si
esprime in prima persona non sono dunque che il riconoscere
come propri (anche come propri) i momenti che segnano,
per tutti, il passaggio attraverso la vita.
Si ripresenta
la sensazione di incertezza (« Par caso, par caso
me ghe cato/ so a strada, che l sole va basso
» , in un procedere quasi a tentoni (« na man su
i ocj esso/
e statra/ a ndare vanti » ), senza
sapere dove si è (« Savaroi do ca so/ vanti no
édare pi gnente?) , senza avere idee chiare («
Tel zharvelo go resti/ che muove a so mezha costruzhion/
formighe in procession ») . (Calzavara ha unimmagine
più cruda : gli uomini sono « crani spolpai/ da le
formighe feroci dei pensieri »).
A volte il poeta
si lascia prendere dalla speranza («
la matina
jera neta/ e laria fina e la oja conpagna/
/ Scuasi
te paréa na promessa ») , ma « po sha levà
l vento ».Lo ripete in Che fa la vita fadiga
: « La jera a pi bela inpromessa/ zhugà tel
sole fa na odola,/ lucje piena de di/ parecjà fa
a nuvizha pa la festa » . E ancora un ma : «
esso/ camino pa on trozho
/ soto a piova
.
Il poeta teme
che Là te a tera che no cresse/ sirà jazhà i canai;
la speranza che gli fa dire Torno de mi lo so
-/ se puoe fare oncora cjaro viene inquinata dal
dubbio tormentoso che conclude lo stesso componimento:
E sa falo? Ah, sa falo ... . In una immagine
di desolazione ( Nudo caminando/ so i vistìi sbandonà/
don mondo rivà l luni/ senzha facja ) sperimenta
linconsistenza ( ...laria.../ la mintraessa/
la desfa do ca jera , mentre riflette su se stesso:
Go fato parici
cantuni
so stà na
roba vardà
da i altri
magari anche ista,
al vento di
cantuni,
vistìa de carta,
vistìa del
so vardare
tel colore
de a carta di altri.
On vistire
frusto e neto
de carne indormezhà.
Cualcuno che
se ferma suspirare:
par do se
va?
Nella seconda
sezione di Data, intitolata Gigi, questi
sembra far risalire alla propria infanzia la percezione
di saper cogliere dagli avvenimenti, dalla vita, quanto
rimane nascosto, offuscato, per molti altri ( Go
capìo che a ligria/ ghe tocava altri./ Me spetava
el resto, el tuto/ el gnente.../.../. Go isto cueo
che no ze./.../ Ndando vanti el mi sarìa/ stà romai
difarente) .
Go isto cueo
che no ze. Già ne El zharvelo e le mosche
aveva scritto:
Go isto e sùito
(paura) sarà;
anzhi, mha
parso
te e foje
del libro
pozhandose
una
so staltra
e mile
- vvvia tute!
e in Che fa la vita fadiga, per esempio, sottolineava la consapevolezza di aver ricevuto nello stesso tempo un dono e un castigo, obbligato quasi ad andare al fondo delle cose, nella gioia ma anche nella malinconia, nella tristezza, nella solitudine: obbligato a sentirsi difarente: camino pa on trozho che me toca/... No vegnìghe./ Mi gnanche, no voléa. Nassire/ te na stajon no inparà/ chi sa, intraessare tuto sto paltan .
Nel tempo, la
voce di Bressan che ha prevalso è stata quella dello
scavo interiore, in cui latmosfera onirica, la sensazione
di estraneità, di incertezza, di inconsistenza evocate,
nonché il lavoro di disgregazione (o, comunque, di
manipolazione) della sintassi, portano il lettore a
fare il parallelo con il mondo in cui viviamo, con
una realtà incomprensibile e inafferrabile, il cui
significato sembra a volte poter essere mediato solo
dai significanti.
Nel 1997, con
Vose par S., Bressan ha vinto un concorso internazionale
di poesia. Accadimenti quotidiani la pioggia e il
sereno, i treni e le stazioni, la gente che si incontra
sono vissuti, percepiti, come svolgentisi in un mondo
parallelo, quasi al limite della coscienza. Ma sparito
è il senso di estraneità: in questo poemetto Luigi
Bressan è scompletamente (dolorosamente) presente,
mentre riferisce senza raccontarle le fasi della
malattia e la morte di un amico poeta, e tutto quanto
questo ha evocato, messo (rimesso) in gioco in lui.
Ritorna lineluttabilità dello scorrere del tempo (...nissun
passo se puoe/ butare do olte), il senso di sofferta
incertezza (
mi peso a mistesso\ me vardo torno
e esso? ), la domanda esistenziale (« Cuanti
simui chi drento cussi\ infassà e noantri? »
). Ritorna la fede nella propria poesia (« Co molo
na parola
\
\ sa cato calcossa
\
\ ze tute rancure
che sha\ da métare in banda tegnerle\ da conto oni
tanto vardarle\ farghe tocare a na caressa » ),
lasciato dall,amico che muore « a fare parole
».
Filtrati attraverso
la memoria avvenimenti del passato vengono ad assumere
lo stesso rilievo di altri recentissimi, gli uni e
gli altri sullo sfondo immemoriale del tempo, in una
atmosfera di pacata, trasognata, intensa malinconia
(« partuto sta piova\ che dura a senpre » ).
La poesia diLuigi Bressan è un dono chesi coglie quando ci si mette in disparte, quando ci si concede il silenzio, quando si lascia che cio che si percepisce al di là delle parole susciti echi, risonanze. Allora avviene cio che il poeta si augura nell,ultimo verso di Puisia : « e anche tuti i altri ne vuria »
1 giù da muri daria/ cola unacqua malata
( El canto del tilio)
2 a scrollarsi di dosso pioggia e gente
(Vose par S.)
3 liquida/ dove nuotano striscie di vento
( El canto del tilio)
4 ingannate dal vento/ che gli fa da pastore
(El canto del tilio)
5 tenere parole di vento (El canto del
tilio)
6 non aspetta, lerba, I passi/ per appiattirsi
come sotto neve (Data)
7 che le stele/ zitte zitte si siano calate
sul prato/ a far focherelli di occhi (Data)
8 cosi mattina che sembra/ la volta in
cui tutto è silenzio/ nel mondo (Che fa la vita
fadiga)
9 gli alberi hanno aperto mani e braccia/
al cader delle foglie (Che fa la vita fadiga)
10 le unghie della brina/ nella carne degli
alberi da frutto (Data)
11 mattina di vetro/ soffiato in una notte
(Che fa la vita fadiga)
12 I rami/ sembrano leccarsi il sole addosso
(Che fa la vita fadiga)
13 piantato/ come una viola in mezzo ai
assi/ da una mano dura e frettolosa (El canto del
tilio)
14 cerchio/ del tempo/ tutto attorno al
mio corpo (El zharvelo e le mosche)
15 quieto, lui solo, addenda ogni carne
(El canto del tilio)
16 voce bevuta dalla sete del tempo (Data)
17 son arrivato in cima al tempo che è
sera/ e l,aria vuota si fa alito di buio (Data)
18 risuscita la notte/ nel canto di usignoli/
che era morta/ dentro il mio cuore
19 un timido sole conduce/ là dove sha
da andare
20 la prima libellula è regina dellaria
21 come dopo la pioggia/ che anche dalla
parte più scura/ si vede ogni cresta
22 altra conoscenza/ non so che mi consola/
di vita o di speranza
23 mi faro avanti lo stesso/ al ballo
della gente
24 ascolto e non capisco
25 attorno a me lo so -/ puo ancora
farsi chiaro (Che fa la vita fadiga)
26 due chichi/ rimasti in tasca, miei/
li daro passando/ a chi non ho mai visto prima/ a
dirgli un po damore (Che fa la vita fadiga)
27 una lingua nuova tace/ sotto il ghiaccio
dele grondaie/ sotto lo scuro del ghiaccio il suo durare./
E che non taccia per sempre (Che fa la vita fadiga)
28 Che gennaio è, che pizzica/ si, ma accarezza/
tanto che il ramo savvezza/ a tirar fuori linguette/
e sembra si lecchi/ il sole addosso?/ Che aria è che
zampetta/ per le strade pulite/ cosi larghe in larghezza?/
Dove non voglio andare/ brigando mindirizza/ mi prende
e poi mi lascia/ senza un appoggio intorno/ cui attaccarmi
un po./ Che fare è, uscirsene/ di casa a unora strana/
e andare senza meta/ come se fosse festa/ di anni e
di stagioni? (Che fa la vita fadiga)
29 facce stranite/ tagliate dal vento/
uomini vestiti di nero/ su una strada nuda/ su una
campagna nuda(El canto del tilio)
30 Case ormai di vento/ paese di case che
non fronteggiano/ più nessuno/ strade dell,andare/
senza strada, passaggio/ prima di giorno con addosso/
tutto il freddo del viaggio/ tra il sonno dentro la
gente/ e il perdersi dei camini
(Data)
31 siamo tuttiestranei/ una volta o tante
32 andiamo/ tutti allo stesso modo/ come
fosse una giostra/ che gira sino a sera
33 si cammina con un occhio/ sulla laguna
della contrada/abbandonata dal vento/ si cammina alla
cieca
34 il tempo/ addenda ogni carne
35 doveva venire anche stasera/ larsura
delle parole (El canto del tilio)
36 metto in croce parole/ ciascuna pesa/
mi fanno pieta./ Mimporta? (El zharveloe le mosche)
37 dalla nebbia al sonno/ senza svegliarsi/
procediamo discorrendo/ con bocche di pesce// andiamo
sul non andare/ dei assi perduti./ Siamo arrivati a
essere/ solo un po di noi stessi (El zharvelo e
le mosche)
38 stizzoni per scrivere/ un punto di notte,
sassi/ tondi come il cielo, persi/ nel suo buio e statuette
di gesso/ dal viso cancellato (Che fa la vita fadiga)
39 noi, nati nella nebbia/ nei giorni chiari
ci vediamo lafaccia nuda/ teniamo una mano davanti
alla bocca/ nel guardarci I passi da ubriachi./ Ci
fermiamo ad ascoltare nela testa/ evaporare anche i
pensieri./ E stiamo li, bottiglie vuote al sole.
40 Ecco, va a male laria/ il giorno non
ha più bellezza/ non è che durare./ Si continua a togliersi/
piume e penne anche/ se il nido non sha da fare./
Cosi ciascuno si nasconde/ voce bevuta dalla sete del
tempo./ Anche la mia
(Data)
41 per caso, per caso mi trovo/ su una
strada, quando il sole è al tramonto (El canto del
tilio)
42 una mano sugli occhi, adesso/ e laltra/
a cercare la strada (Che fa la vita fadiga)
43 sapro dove sono/ prima di non veder
più niente? (Che fa la vita fadiga)
44 nel cervello ho resti/ che muovono una
mezza costruzione/ formiche in processione (El zharvelo
e le mosche)
45 la mattina era tersa/ e laria fine
e cosi il desiderio./ Quasi sembrava una promessa/
poi sè alzato il vento (El canto del tilio)
46 era la più bella promessa/ giocata nel
sole come unallodola/ intense luce del giorno/ preparata
come una sposa alla festa/ adesso cammino per un sentiero/
sotto la pioggia
47 là nella mia terra che non produce/
saranno ghiacciati i canali/ intorno a me lo so -/
può farsi ancora chiaro E se sbaglio? Ah, se sbaglio
... (Che fa la vita fadiga)
48 nudo camminando/ sui vestiti abbandonati/
di un mondo arrivato a un lunedì/ senza volto (Data)
49 laria/ mi attraversa/ cancella dovero
(Che fa la vita fadiga)
50 sono andato per parecchie strade/ sono
stato una cosa guardata/ dagli altri magari anche vista/
nel vento degli incroci/ vestita di carta/ vestita
del suo guardare/ nel colore della carta degli altri./
Un vestire liso e pulito/ di carne addormentata./ Qualcuno
che si ferma a sospirare:/ per dove si va? (Data)
51 Ho capito che lallegria/ era per gli
altri./ A me spettava il resto, il tutto/ il niente./
Ho visto quello che non cè./ Andando avanti il me
sarebbe/ stato ormai differente.
52 Ho visto e subito/ (paura( richiuso/
anzi mi è parso/ nelle pagine del libro/ che si posavano
una/ sullaltra e mille/ - via tutte!-/ compattarsi
una pietra.
53 Cammino per un sentiero che mi va stretto/
Non veniteci/ Neanchio, lo volevo. Nascere/ in una
stagione non saputa/ chissà, attraversare tutto questo
fango.
54 Io peso a me stesso\ mi guardo attorno
e adesso?
55 Quanti siamo qui dentro cosi\ fasciati
di noi stessi?
56 Quando lascio andare una parola\ se
trovo qualcosa\son tutte cose raccolte che sha\da
metterle da parte tenerle\da conto ogni tanto guardarle\
farle sfiorare da una carezza
57 dappertutto questa pioggia\ che dura
da sempre
58 e anche tutti gli altri ne vorrebbero
(El canto del tilio)